"Sino a questo momento i banditi del Martese hanno tenuto, con il loro valore, alto il prestigio e il nome. Le tre battaglie già combattute contro gli infedeli sono state vinte in modo superbo. Molti i caduti, tra i quali il giovane Centiolo.
Ci stiamo ora preparando per la quarta battaglia, forse l'ultima, che sarà senza dubbio la più aspra. Quando ti giungerà la presente, essa sarà stata già combattuta e sarà stato già segnato il nostro destino di vita o di morte. Qualunque esso sia, noi siamo sicuri che voi l'apprenderete con serenità. Una volta si nasce, cara Barbara, e una volta si muore. Ma perché rimanga ricordanza di noi bisognerà morire bene, ciò che noi cercheremo di fare.
Le bande, per il prossimo cimento che potrebbe essere anche domani, continuano a rimanere schierate di fronte al nemico, su i propri posti. La mia è alla difesa del monte San Giovanni; quella di Titta, del monte San Salvatore; quella di Giulio, del monte Santo Stefano.
Superbo schieramento.
Questi monti, baluardi della Dalmazia, largamente bagnati del nostro sangue, non saranno superati dagli adoratori della mezzaluna. Cademmo piuttosto tutti.
Ci dicono che altre truppe, comandate dal prode principe Eugenio di Savoia, si stanno coprendo di gloria in Ungheria.
E' sempre l'Italia, come si vede, che offre la nota luminosa del genio e del valore.
Dopo i turchi, speriamo di poter combattere, con Venezia, come ci è stato promesso, contro quegli altri oppressori che calpestano il sacro suolo della patria."
Non erano trascorsi due giorni da quella lettera quando giunse la notizia dell'ultima battaglia vittoriosa.
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