Inizio naturalmente con un documento edito, e cioè “Nel turbinio di una tempesta”, l'autobiografia del tenente colonnello Umberto Adamoli, che fu pubblicata a Teramo nel 1947 dalla tipografia Cioschi, che racconta proprio le pagine del suo diario tra il 1943 e il 1944. Estrapolo soltanto una frase, anzi due in verità, due periodi soprattutto che ci sono utili proprio per introdurre il ragionamento. Pagina 107: “Né avevo timore dall'estendere fraterna assistenza agli Ebrei, giunti nel comune dalla Francia e da Milano. Si presentavano a me, nelle dure vicissitudini, timidamente. In ogni ariano, nell'ingiusta persecuzione, vedevano un nemico, pronto a colpirli; ma trovavano in me, per umane considerazioni, un vero protettore. Oltre a procurare ad essi una vita relativamente agiata, vegliavo pure sulla loro sicurezza. Allorché i Tedeschi, ed anche la nostra polizia, si mettevano alla loro ricerca per catturarli, li facevo rifugiare in campagna, presso famiglie fidate. Quando mi si chiedeva di fornire, con un elenco, il nome e il domicilio, non esitavo dal negare la loro presenza nel territorio del comune.” Credo che siano parole molto chiare, scritte da lui stesso nel 1945-46-47, negli anni, nei mesi successivi alla fine della guerra.
Poi c'è questo documento pubblicato per la prima volta dal prof. Sandro Melarangelo qualche settimana fa nel volume “La resistenza a Teramo. Documenti e immagini”, di cui lui stesso è autore, e che è assolutamente importante proprio perché ricostruisce attentamente quegli eventi. Il prof. Melarangelo dice da par suo che non è uno storico, ma in verità fornisce i documenti straordinariamente importanti per una ricostruzione effettiva di quanto poi è avvenuto nella nostra città soprattutto tra il 25 luglio 1943, l'8 settembre 1943, Bosco Martese, il 25 settembre 1943, la liberazione di Teramo nel giugno del 1944. Nel suddetto volume è inserita una lettera scritta esattamente il 14 luglio 1944, a Teramo, dai capi-famiglia ebrei proprio per ringraziare il podestà per il suo atteggiamento: “Al tenente colonnello già podestà di Teramo. Noi sottoscritti desideriamo, con questa dichiarazione spontanea, esprimervi anche per iscritto la nostra profonda gratitudine per aver salvato noi le nostre famiglie e tanti altri correligionari che hanno lasciato nel frattempo Teramo, dalla ferocità tedesca. Difatti ai primi di dicembre scorso, le autorità tedesche avevano comandato l'arresto in massa di tutti gli Israeliti. Voi, Podestà di Teramo, eludendo la vigilanza teutonica e fascista, ci avete avvisati tempestivamente del pericolo che incombeva sulle nostre teste raccomandandoci paternamente di allontanarci da Teramo o di rifugiarci presso quelle famiglie, fortunatamente numerose, non contaminate dal virus della peste nazista e ci assicuravate ogni qualsiasi aiuto. E' pure a nostra conoscenza che durante il terrorismo teutonico vi siete reso benemerito della popolazione teramana e sappiamo anche che di concerto col Comandante del Campo di Concentramento istituito dalle belve tedesche per sfogare il veleno che hanno sempre in corpo, somministravate tra l'altro agli internati, ricorrendo ad un abile stratagemma, doppia razione di cibo. Così alla nostra benedizione si aggiungano quelle della popolazione e degli internati. Con riconoscente devozione. Teramo 14 luglio 1944". E naturalmente seguono le firme: la prima firma è quella di Oscar Cannarutto, poi tutte le altre firme dei capi-famiglia presenti nella città.
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