Garibaldi, secondo il suo costume, non appena padrone di Catania, era andato in cerca di un posto, da cui si dominasse la città e i dintorni, e aveva prescelto il balcone, che gira intorno alla cupola dei Benedettini. Aveva pertanto ordinato, che due ufficiali di là vigilassero continuamente, e riferissero a lui su qualunque novità, sia dalla parte di terra che da quella di mare. Il turno del servizio portò lassù molte volte anche me, e vi stetti senza noia, perciò non sapevo saziarmi di contemplare, in quell'oceano di aria e di luce, uno dei più meravigliosi panorami del mondo.
Né mancavano le scene intime. Poco lungi dal tempio, nel vasto cortile ombreggiato d'aranci di un convento di clausura, distinguevamo le monache tutte intente alle loro faccende, affatto lungi dal sospettare la profanazione dei nostri sguardi; e vedevamo le novizie, dalle snelle personcine, accudire con vivacità serena ai lavori femminili, e le madri, sotto le candide cuffie e le brune gramaglie, ammaestrarle con benignità carezzevole. La quiete, che regnava nel sacro recinto, ove forse non si aveva neppure sentore dei turbinosi avvenimenti del giorno, e la ingenuità e la calma di quelle anime, destavano in ognuno di noi, anche nei più scettici, una tenerezza ineffabile, che s'imponeva al tumulto delle nostre passioni. Il singolare contrasto della nostra situazione e del quadro, che ci stava sotto gli occhi, inspirava considerazioni così amorevoli, che nessuno osava offendere quel santuario di pace con facili sarcasmi o con volgari ironie.
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