Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Avendo essi fatto un'accoglienza timida ai Mille, scesi laggiù improvvisamente fra le cannonate del naviglio borbonico, ora, punti dal rimorso, riversavano su noi l'entusiasmo della vigilia, raccomandandoci in tutti i modi di testimoniare presso Garibaldi e i commilitoni del loro buon volere e della loro devozione alla causa nazionale; ciò, del resto, di cui nessuno aveva mai dubitato.
     Anche gl'inglesi degli stabilimenti vinicoli misero da banda le formalità e ci dimostrarono la loro simpatia con quei modi schietti ed aperti, che sanno adoperare quando vogliono.
     Io fui accolto da una famiglia, le cui bellissime figliuole mi colmarono a gara di delicate attenzioni, e la vecchia, al momento della partenza, m'impartì la benedizione e mi donò una grande immagine della Madonna, che sgraziatamente sciupai dopo la prima tappa.

     L'Agnetta profittò della buona disposizione generale, per procurarsi le vetture necessarie al trasporto del nostro materiale. Caricammo armi e munizioni sopra una sessantina di quegli strani carretti a due ruote, istoriati, con vivaci colori d'ogni sorta, di soggetti biblici e romanzeschi, tirati da un cavallo coperto di bardature sfarzose: e il due giugno c'incamminammo alla volta di Palermo, non senza il dubbio che la guarnigione di Trapani tentasse un colpo di mano sul nostro convoglio. Questa, già s'intende, non si mosse.
     Il nostro drappello, oltre i conduttori, si componeva di una sessantina d'individui, vestiti e armati come già ho detto, insieme con alcuni giovani di Marsala e pochi disertori svizzeri e bavaresi dell'esercito napoletano, che avevano sostituito il Faldella e quei di Trapani, rimasti indietro col proposito di sollevare la loro città nativa contro le truppe che l'occupavano.


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Umberto