Per arrivare laggiù al coperto dei tiri del nemico, ci convenne camminare attraverso le brecce aperte nei muri delle abitazioni, in mezzo ai rottami dei tetti, dei soffitti e dei pavimenti, ai frantumi di mobili d'ogni sorta, perfino ai cadaveri insepolti. Raggiunto il posto, trovammo i bersaglieri padroni assoluti del luogo, che se la spassavano fra le rovine come fossero a casa, portando via semplicemente il letto o la mensa quando una bomba veniva a disturbarli.
Pare che per un tacito accordo, dopo un cannoneggiamento prolungato, o in certe ore del giorno, si osservasse una specie di tregua; non sapendo io spiegare diversamente perché i cannonieri di Gaeta non si sieno allora dati il gusto di mandare a gambe per aria, con un colpo di mitraglia, una mezza dozzina di ufficiali dei bersaglieri, e le due camice rosse. Rebuschini ed io dovevamo naturalmente tener bordone alla rodomontata dei nostri anfitrioni, e ridere e scherzare con loro; ma non ci spiacque che la passeggiata avesse pure un fine. |