Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     La Società democratica romana, invece, costituita di non pochi dei fuorusciti romani più noti, il conte Michele Amadei, Mattia Montecchi, Filippo Costa, Angelo Perozzi ed altri, corrispondeva di continuo con il Comitato d'insurrezione di Roma, che era sua emanazione, gl'inviava i bollettini redatti dall'Amadei, che recavano ai patrioti le notizie, gl'incitamenti, le promesse del paese; coadiuvava il comitato centrale, e gli agevolava i modi per mandare a Roma sussidi di uomini, di armi, di denari.
     Degli altri comitati, che ebbero vita in quell'epoca, e delle vivaci polemiche, cui allora diedero luogo, io non ne so nulla.
     Avvistomi ben presto che Roma era il centro di tutto il movimento, e che ad essa, più che agli assembramenti dell'Agro romano, eran volti gli sguardi, d'Italia, perché dall'insurrezione dei romani dipendeva il successo, ottenuto sul passaporto il “visto” della legazione di Spagna, incaricata degli affari pontificii a Firenze, il 3 di ottobre mi diressi anch'io a Roma. E anch'io partii con il mandato, come tutti coloro che andavan laggiù, di ripetere a Francesco Cucchi, cui mettevan capo le fila della cospirazione, che gli sforzi per introdurre le armi in città si sarebbero continuati indefessamente, nonostante le difficoltà grandemente accresciute dacchè il governo pontificio era su l'avviso, e di raccomandargli, che in qualunque modo, con qualunque mezzo, venisse iniziata una sommossa, per fornire in faccia all'Europa il pretesto agli italiani di intervenire con le truppe regolari a ristabilire l'ordine nella città: raccomandazione di cui il Cucchi aveva tanto intronate le orecchie, che quando io gliela ridissi, egli esclamò stizzito: “oh, ci si provino un po' loro!”


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Umberto