Il 25 ci sorprese, non aspettata, la catastrofe di casa Aiani, e lì ancora non ci fu dato prestare in alcun modo l'opera nostra. Appena avvertiti, Guerzoni ed io corremmo in Transtevere; ma il cordone dei soldati, steso tutto intorno al teatro della strage, ci respinse brutalmente, obbligandoci a rimanere inerti raccoglitori delle dicerie della folla. Brutto momento, che non solo mi provocò nell'animo un'angoscia profonda, ma valse a riconfermarmi nella convinzione, che, alla prova, avrei potuto ben poco giovare alla causa di Roma, perché nuovo alla città, ignaro dei costumi e affatto ignoto alla maggior parte di que' popolani.
Le fasi di quel dramma sanguinoso son registrate nelle pagine della storia, la quale attinse, per questo come per tutti gli avvenimenti dal 22 al 30 ottobre, a quella fonte originale, che è il manifesto agli italiani, dal titolo Gli ultimi avvenimenti di Roma, in data del dicembre 1867, con la firma del “Comitato romano d'insurrezione”, stampato su di un foglio grande di carta velina, e riprodotto dal giornale La Riforma di quell'anno stesso: manifesto che venne dettato dal Guerzoni. Ma poiché non è noto parimenti di quel dramma tutto l'epilogo, che si svolse molto più tardi, io lo richiamo qui in breve alla memoria del lettore.
Il processo dell'Aiani, condotto di pari passo con quello di Monti e Tognetti, era anch' esso finito, negli ultimi mesi del 1868, con la condanna capitale, riempiendo di nuovo orrore gli animi degl'italiani, già dolenti per la esecuzione di quei due animosi popolani. Ma prima che la sentenza si eseguisse, Cucchi e Guerzoni maturarono il proposito di dichiararsi solidali dell'Aiani e dei suoi compagni, e di costituirsi nelle mani del governo pontificio, a fine di provocare il giudizio su la loro responsabilità per il fatto del 25 ottobre.
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