“Caffaro, 25 giugno 1866, ore 4 pom.
“Il comandante N. CASTELLINI.
“Requisite otto basti per le munizioni e viveri, con otto muli”.
Giunti a tarda sera a Bagolino, paese alpestre dalle viuzze e dalle piazze anguste, assicuratici che non esistevano nemici nelle vicinanze, disponemmo sommariamente le guardie indispensabili, riserbandoci al mattino di esaminare il terreno e di ordinare allora regolarmente il servizio di avamposti. Stabilimmo però con Tolazzi e Marani di esercitare, durante la notte, una sorveglianza continua; e fu ventura, chè i soldati, inesperti della montagna, ove tutto prende fra le tenebre proporzioni spaventose, fecero nascere un falso allarme, che tanto più impressionava, quanto meno si capiva da che cosa fosse originato, e che solo facendo uso di serie minacce, riescimmo a sedare.
L'indomani, 26, sotto una pioggia dirottissima, insieme con i comandanti delle altre due compagnie, l'aiutante maggiore speditoci dal Castellini per recare e pigliar novelle, e un ottimo sacerdote del luogo, l'arciprete Castelli, che ci serviva da guida, collocai gli avamposti, che spinsi verso Condino fino al rocolo del Lì, discutendo e studiando con amore d'artista la convenienza di ogni punto, che si occupava. Soddisfatto delle disposizioni prese, ritornavo con gli amici in paese, pregustando la cena, quando un carabiniere a cavallo mi ricapitò il seguente dispaccio:
“Caffaro, li 26 giugno 1866.
“Al ricevere di questa mia, nel modo più riservato e più prudente tanto che nessuno supponga la vostra mossa, riunirete le due compagnie dei bersaglieri e la 1a del 2° reggimento, e portatele ad Anfo, dove farei calcolo, che potrete giungere alle ore 10 pom., l'ordine partendo alle ore 5 e tre quarti, arrivando alle 7, per darvi modo di partire alle 8: tanto che alle 10 o alle 11 pom., potrete essere alla fortezza della Rocca d'Anfo. Vi recherete in paese, ove io sarò pure, e vi prevengo che dopo un alt di una o due ore, si riparte per fare altre otto miglia non faticose.
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