La sera del 2 maggio 1866 la direzione dei Carabinieri Milanesi, insieme colla direzione del tiro della provincia, deliberò: di sopprimere la gara, che doveva aver luogo quell'anno a Gallarate, e d'impiegar le somme stanziate nell'acquisto di carabine federali svizzere, per armare una legione di carabinieri da reclutarsi in Lombardia, quando il governo acconsentisse all'arruolamento dei volontari; d'impetrare il concorso finanziario della deputazione provinciale e della giunta municipale di Milano; di trasmettere al governo il testo della deliberazione col mezzo delle autorità provinciali, invitandole a suffragare coi loro voti le aspirazioni dei tiratori.
I due consessi, di cui si invocava il favore, non esitarono ad aderire di gran cuore. La deputazione, il 17 di maggio, propose al consiglio provinciale di stanziare diecimila lire per l'acquisto di carabine; la giunta ne propose al consiglio comunale ottomila. Ambedue le proposte vennero approvate senza opposizione, perché esse rispondevano al sentimento generale di sollecitudine, quasi materna, di tutta la cittadinanza, per il battaglione che era da nascere. Il prefetto, marchese di Villamarina, rivolse al Ministero, a nome della deputazione incaricata
dalle direzioni dei tiri, formale domanda di autorizzazione per la creazione di un corpo di carabinieri con armi proprie o donate dai municipi. E quando il Ministero, tuttora esitante, accennò alla possibilità di stornare le somme votate all'armamento dei difensori del passo del Tonale, la deputazione protestò per mezzo del prefetto, riaffermando, che quel denaro era destinato al battaglione dei carabinieri, e non ad altro. E il sindaco Beretta, dichiarandosi interprete dei desideri unanimi dei suoi amministrati, insistette con ripetuti telegrammi a Firenze, corroborando le asserzioni della deputazione.
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