L'Utile se ne tornò subito a Genova; e là, pochi giorni dopo, imbarcò, unitamente al vapore Charles Georgy, la spedizione comandata da Clemente Corte. Durante il viaggio, il Charles Georgy ebbe avaria in macchina e l'Utile dovette dargli rimorchio; e mentre i due legni navigavano in tali condizioni, vennero nelle acque libere del Mediterraneo catturati dai bastimenti napoletani e condotti a Gaeta, senza che il povero Lavarello, reso impotente ad agire dal compagno legato a poppa, potesse neppure in questa circostanza tentare il vagheggiato abbordaggio.
Il lungo nostro convoglio procedeva con la maggiore celerità possibile, secondo l'itinerario prescritto da Garibaldi nei suoi dispacci. Si viaggiava la sera, parte della notte e il mattino: solo nelle ore più calde ci si concedeva riposo. La novità del paesaggio e dei costumi, che tutto eccitava la nostra curiosità in quella classica terra di Sicilia, ci acquetavano l'ansia affannosa di raggiungere al più presto il nostro duce. Le montagne brulle, gli sterminati campi di frumento, i boschi di ulivi e di mandorli, i vigneti verdeggianti, in mezzo a cui passa la strada bianca, fiancheggiata da giganteschi fichi d'india e da agave fiorite: la solitudine di quelle regioni, senza un casolare, senza una capanna; e a grandi distanze le borgate brune, aggruppate al sommo dei colli, con un'aria, con nomi, che richiamano tradizioni fenice, greche, cartaginesi, normanne, saracene, spagnuole.... Che paese, e che memorie! |