CAPITOLO IV
SUL VOLTURNO
(1860)
Il generale Stefano Turr, nominato comandante in capo della 15a divisione, reggeva contemporaneamente la nostra brigata, e con essa il 20 maggio era uscito da Palermo per guidarla attraverso la Sicilia. E noi andavamo alteri di avere un tanto capitano, già rinomato per valore e per sagacia, così favorito dalla fortuna, così addentro nell'affetto e nella stima di Garibaldi.
I suoi compagni d'armi della spedizione, che ricominciavano nella brigata la campagna di guerra, avendolo conosciuto alla prova, ne portavano a cielo la intrepidezza e le qualità militari non solo, ma anche il carattere franco ed affabile, che inspirava affetto sincero, e la cortesia dei modi, che gli cattivavano quanti gli erano d'intorno. Io, che non potevo ancora apprezzare le doti dell'animo, come quando ebbi l'onore di servire più da vicino sotto i suoi ordini, mi limitavo allora ad ammirarne, allorché appariva sul focoso morello, alla testa di un brillante stato maggiore, la figura cavalleresca, ravvolta in un candido haik, il bel viso pallido, con i grandi occhi azzurri dolcissimi, ombreggiato dai lunghi baffi bruni.
Sino dai primi giorni, nell'esercizio della sua nuova autorità, egli aveva saputo rassicurare ed entusiasmare le popolazioni, attraverso le quali passavamo, e imprimere alla brigata uno slancio, che affidava di riuscir fecondo di gagliarde imprese. Ma pur troppo la lusinghiera promessa durò poco. Le fatiche eccessive avevano scossa la salute di Turr, le ferite gli si riaprivano, e l'ostinata energia dovè cedere alla violenza dei patimenti. A Villafrati, con gran dolore di tutti, Turr, gravemente ammalato, ci abbandonò per tornare a Palermo, consegnando la brigata al suo concittadino, amico e commilitone nelle guerre d'Ungheria, Ferdinando Eber.
|