Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     E non potrei finalmente passare sotto silenzio, senza venir meno alle regole più elementari della galanteria, la seducente contessa Martini Salasco, di antica prosapia piemontese, la quale, nella illusione, in cui era, di prestare aiuti e distribuire soccorsi, cavalcava fra mezzo le squadre garibaldine in un leggiadro costume, che arieggiava l'uniforme delle guide, e volentieri si soffermava pressò il nostro comando.
     Un caravanserai dell'Oriente, coi suoi ospiti tanto diversi di razza, di fogge, di colori, potrebbe dare soltanto una idea del nostro quartier generale e delle persone ragguardevoli o volgari, piacevoli o grottesche, rinomate od ignote, che sedettero alla nostra mensa durante quei mesi fantastici. Per intenderci in mezzo a quella Babele, parlavamo ordinariamente il tedesco, senza scapito però degli altri idiomi; così che a mio fratello, scrivendo io il 2 settembre di apparecchiarsi a seguirmi alla liberazione di Roma cui ci tenevamo sicuri di avviarci, appena sbrigate le faccende con il reame di Napoli, consigliavo “d'imparar ben bene il tedesco, lingua parlata al mio stato maggiore, oltre l'ungherese, il francese, l'inglese”. Curiosa condizione per italiani che combattevano in un esercito italiano ed in Italia!

     Il contingente straniero della 15a divisione, già così ricco, si accrebbe, con la spedizione Pianciani, che approdò in quei giorni a Messina. Appunto allora ci venne nientemeno che lo storico Guglielmo Rustow. Poichè gli avvolgimenti della diplomazia, ed alte influenze sventarono il disegno originario della spedizione, quello cioè di gettarsi su le coste pontificie, e i suoi capi, il Pianciani e il Bertani, si dimisero, le brigate, di cui essa si componeva, vennero distribuite fra i comandi dell'esercito meridionale. Il colonnello Rustow, che era con il Pianciani, rimasto quindi in disponibilità, fu chiamato dal Turr a disimpegnare le funzioni di capo di stato maggiore della sua divisione. Così egli divenne mio superiore.


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Umberto