Con gli ufficiali poi dello stato maggiore della divisione avevamo intimi rapporti, convivendo e marciando spessissimo insieme. Tra questi mi piace ricordare il Pecorini-Manzoni, che scrisse la storia della 15a divisione Turr; Michele Czudafy, ungherese, condannato a morte dall'Austria nel 1849 e per grazia a diciotto anni di ferri, dei quali ne scontò otto, perché amnistiato in occasione della nascita del principe imperiale; Francesco Ziliani di Brescia, dei Mille, medico della divisione, creatore della nostra ambulanza.
De' molti stranieri che capitavano al nostro quartiere perché amici del Turr e dell'Eber, rammento ancora il conte Teleky, che portava con la grazia altiera del gran signore maggiaro l'uniforme garibaldina, e cavalcava una stupenda cavalla, che aveva però il vizio di sferrare calci pericolosi e di porre sovente, durante le marce, lo scompiglio in mezzo al nostro drappello; il parigino Massimo Du Camp, alto, bruno, innamorato allora della nostra Italia e della camicia rossa che indossava; come l'indossava un turco autentico, Kadir bey, buon diavolo, grande amico di Turr, il quale almeno si sforzava di farsi capire in francese, mentre l'inglese Austin Dohnage, giovanotto allegro e gioviale, arrivato fresco fresco da Londra nell'uniforme di Rifleman per solo gusto di far la guerra come un passatempo, non arrischiava neppure una sillaba in altra lingua che non fosse la sua. Due polacchi inseparabili, con de' nomi assolutamente impossibili a pronunciare, uno lungo, secco, sempre serio, l'altro corto, panciuto, sempre ilare, come nei libri di caricatura, destavano, volta per volta, il nostro buon umore. Garibaldi, che spesso s'invaghiva, come tutti gli uomini di gran cuore, di certi tipi eterocliti, che del resto possedevano forse meriti eccezionali da noi ignorati, li aveva aggregati alla brigata con gradi superiori; ma Eber, non sapendo ove impiegarli, li aveva dispensati dal servizio, ed essi, imperturbabili, non comparivano che al primo di ogni mese per riscuotere la paga.
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