Venivano da noi, per ragioni di ufficio, i comandanti i diversi corpi componenti la brigata, ossia i colonnelli dei reggimenti di fanteria Bassini e Cossovich, lombardo uno, veneto l'altro; i colonnelli ungheresi, Maggerody, della legione ungherese a piedi, e Figgelmesy, di quella a cavallo; il tedesco Arnold, capo della compagnia del genio. Venivano pure i corrispondenti dei giornali esteri, specialmente inglesi, legati con Eber da rapporti di professione: tra questi la signora Jessie Mario, così benemerita del risorgimento italiano, e il conte Carlo Arrivabene, dello stato maggiore di Garibaldi, corrispondente del Daily News, il quale, perché professore del collegio universitario di Londra, indossava l'uniforme nera de' volontari inglesi.
Di Carlo Arrivabene si potrebbe fare un volume di aneddoti, da quando, il 1848, arringò a Mantova il reggimento austriaco Haugwitz nella sua stessa caserma, e il 1849, alla Spezia, stese il cartello di sfida che gli ufficiali della divisione lombarda mandarono agli ufficiali francesi della fregata Le Magellan, sino al giorno in cui cadde prigioniero dei borbonici nella battaglia del Volturno, per aver voluto soccorrere un amico. Mi limito a uno soltanto, che si collega all'epoca del nostro arrivo in Napoli. L'Arrivabene contemplava il mare dall'Albergo di Roma, conversando coll'ammiraglio inglese Mundy, quando una balda comitiva di giovani garibaldini irruppe allegramente sul terrazzo. Uno di essi lo fissa attonito; anch'egli guarda meravigliato, e cadono fra le braccia un dell'altro: erano padre e figlio. Il padre, Carlo, era accorso diritto in Sicilia dall'Inghilterra, senza darne avviso o notizia alla famiglia; e Il figlio, Silvio, diciassettenne, già imprigionato l'anno innanzi a Mantova, per aver preso parte a una dimostrazione politica della scolaresca, era sceso nell'Italia meridionale all'insaputa del padre. L'affettuoso incontro colpì vivamente gli astanti; l'ammiraglio inglese ne fu commosso più di tutti. |