Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     La palma era per toccare ai reggimenti del Cosenz, che insieme con il Turr correvano d'innanzi a tutti noi. Già essi, il 30 agosto, si disponevano ad attaccare Soveria Manelli, quando il generale Ghio, vedendo da un lato sopraggiungere i distaccamenti del Sacchi, e dall'altro le alture di fronte coronarsi dei terrazzani dello Stocco, si arrese senza colpo ferire, congedando i suoi, e consegnando a noi armi e cavalli. I soldati, rosi dalla corruzione, tornati a casa, presto si diedero alla macchia, iniziando quelle masnade di briganti, che poi a lungo scorrazzarono per tutto l'Appennino meridionale dalla Majella alla Sila. Le armi e con esse i bagagli, andarono prontamente a ruba. I cavalli, infine, quelli almeno che si riescì a salvare dalla rapina, servirono al Figgelmesy per equipaggiare, una buona volta, i suoi usseri d'Ungheria.

     Quei legionari, in parte ungheresi, ma in parte italiani e specialmente tedeschi dal cognome ungherizzato (vergogna della gran patria alemanna, che metteva in furore il Rustow), provenivano, com'essi pretendevano, dai reggimenti di usseri austriaci. Con queste lustre pel capo, gli stivaloni dai risonanti sproni ai piedi, le immense sciabole al fianco, dover marciare nella polvere, o nel fango come i più modesti fantaccini, perché non era mai stato possibile raccozzar loro i quadrupedi necessari! via, non avevano tutti i torti di sentirsi umiliati. Quando, grazie alla resa di Soveria Manelli, essi furono in grado d'inforcar gli arcioni de' cavalli borbonici, bisognava vederli! pareva volessero sfidare il mondo. E prestarono, veramente, nel resto della campagna, servigi preziosi.


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Umberto