Molti garibaldini si unirono a noi in Catania. Cattabene, Carissimi, Guastalla, impediti dalla questura di prendere il mare a Genova, avevano in ferrovia raggiunto Napoli: con il favore di alcuni amici, era loro riescito imbarcarsi, di notte, stando nascosti nella stiva, sinchè il vapore non avesse salpato; quindi da Messina si eran recati, per terra, a Catania, ove Frigerio e io rendemmo loro quell'accoglienza, tra il lieto e il melanconico, che i compagni avevan a noi fatto in Regalbuto.
Carissimi venne ad alloggiare nella badia dei Benedettini, e con lui io visitai minutamente, guidati da un monaco, gentiluomo pieno di cortesia e di dottrina, quel magnifico monumento, ricco di tanti tesori d'arte, di tanti codici preziosi, di tanti gioielli inestimabili. Il comando generale lo nomiṇ membro del tribunale militare, presieduto dal Laporta, cui spettava il giudizio di que' tali picciotti del Corrao. Ma prima ancora che egli fosse entrato in funzione, Garibaldi gli diede incarico di correre a Messina, per comprare o noleggiare, comunque, a qualunque prezzo, un certo piroscafo inglese, che si diceva ancorato in quel porto.
Il Carissimi, che ignaro di giurisprudenza, aveva accolto con meraviglia la nomina di magistrato, accolse ora con trepidazione la nomina di negoziatore, egli, che di affari e di noli marittimi non s'intendeva affatto. Peṛ, sceltosi a collega il Castellini, part́.
Il capitano del vapore, uno di quei soliti marini inglesi, che paiono fusi in un unico crogiuolo, tutti di un pezzo, pratici e positivi, si mostṛ arrendevole; solamente voleva il denaro sul tavolo, prima di accendere i fuochi. Ora Garibaldi aveva dato ai negoziatori pienissimi poteri, ma non la croce di un quattrino; e alle belle promesse e ai lusinghieri ragionamenti, l'inglese rispondeva immutabile, con una flemma desolante: “Let me have money!” Vengano i denari!
|