Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Sebbene quegli atti ora sembrino di poco momento, a quei tempi, di fronte ad un padrone prepotente ed irritato, non mancavano di una certa impronta vigorosa. Io poi mi compiaccio di ricordarli, perché rappresentano i primi palpiti politici della mia generazione, e l'epoca del più puro entusiasmo e dell'abnegazione più sincera.
     La vita universitaria era, a Pavia, più intensa allora che oggi, perché i mezzi di comunicazione, limitate alle vetture Sturini e al barchetto sul Naviglio, costringevano gli studenti tutti a rimanere in città durante l'anno. Quando perciò all'esuberanza degli spiriti giovanili si aprì lo sfogo della preparazione alla lotta contro lo straniero, vi ci buttammo coll'ardore solito delle scolaresche universitarie.
     La città di Pavia, nota pel suo patriottismo, si prestava mirabilmente a favorire i nostri bollori; giacchè quei cittadini, arditi, fieri, un po' spavaldi, ma altrettanto saldi, più che lasciarsi trascinare da noi giovanotti a reagire contro la tracotanza austriaca, ci eccitavano con l'esempio e ci capitanavano.

     Nel comune aborrimento per l'oppressore si dileguò l'antagonismo tradizionale, che aizzava alcuni ceti popolari contro gli studenti, e nacquero invece fra questi e i patrioti pavesi cordiali relazioni, nelle quali gli studenti portarono il buon volere e lo slancio della gioventù, i pavesi la fermezza della virilità, l'esperienza e il consiglio. Tali vincoli fra i due elementi andaron poi nei convegni e nei banchetti sempre più stringendosi, finché le campagne li resero intimissimi; infatti, tanto nei Cacciatori delle Alpi, come nella 7a compagnia dei Mille, i nomi dei pavesi si trovano sempre frammisti a quelli degli studenti di ogni angolo di Lombardia.


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Umberto