Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Finalmente, dopo tre settimane mortali, capitò a Genova Francesco Simonetta, che comandò poi in quell'anno le guide di Garibaldi. Gli esponemmo la nostra situazione, ed egli, e come cugino mio, e come patriota, ci fece una gran paternale; ci dimostrò che non era tempo di disquisizioni politiche; ci persuase a seguirlo, e ci portò senz'altro a Torino.
     Che vita allora, che andirivieni in quella città! Mi pareva di essere a Milano, tanto Torino era piena zeppa di milanesi di ogni classe, venuti per arruolarsi. Per darne una idea, Manfredo Camperio, che entrò soldato nel reggimento Savoia Cavalleria, mi diceva scherzando, che avrebbe ammirato di più quel giovine, il quale avesse il coraggio di fermarsi a Milano, e fare così diversamente dagli altri, di noi, che ci volevamo battere.

     Lieti e soddisfatti, dimentichi di ogni fisima politica, ci presentammo dunque all'ufficio di leva, e passata, celiando, la visita, il 7 marzo tutta la piccola comitiva di Genova si arruolò nell'esercito regolare, sottoscrivendo, senza neppur leggerlo, il foglio d'ingaggio per un anno. I miei compagni vennero destinati al corpo dei bersaglieri, il nostro ideale dopo la decisione presa. Io invece, a cagione dell'alta statura, che superava di alcuni centimetri il limite prescritto, venni assegnato, con mio sommo rammarico, al reggimento Granatieri.
     Accompagnati prima i nuovi bersaglieri insieme coi Simonetta, che fra loro aveva un nipote, Carlo Dall'Acqua, al deposito in Cuneo, e salutati colà altri amici incorporati nei Cacciatori delle Alpi, che si stavano organizzando in quella stessa città, finalmente a mia volta, l'11 di marzo, raggiunsi in Alessandria il mio reggimento, accasermato nella cittadella.


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Umberto