Un fiero reggimento, se altro mai! Ancora oggi non rammento senza profonda emozione l'istante, in cui varcai la soglia di quella caserma, e sentii di appartenere anch'io a quella brigata Granatieri di Sardegna, vecchia di duecento anni, superba di tante gloriose gesta: una brigata, che ricorda con orgoglio l'Assietta, Santa Lucia, Goito, Novara, la Cernaja e Custoza. In Crimea, là, su le spiaggie del Mar Nero, non so più per quale sequela di circostanze, a' granatieri di Sardegna venne affibbiato da' loro commilitoni del Piemonte il soprannome di “Cavalleggeri di Kamara sproun d'boss”, Cavalleggeri di Kamara dagli sproni di legno, che poi si impose per sempre alla brigata. Oggi ancora quel nomignolo strano e giocondo mi suona caramente all'orecchio.
Venni immatricolato al N. 4721 ed ascritto alla 2a compagnia. Il caporale mi condusse al magazzino, donde, secondo la lista del libretto di massa, ritirai il mio corredo, e uscii pavoneggiandomi del cappottone grigio dai bianchi alamari, della daga dalla impugnatura splendente, dell'alto keppy ben più artistico del moderno pentolino, delle granate fiammeggianti ripetute sulle placche o sui bottoni. Il sergente mi assegnò, nel camerone della squadra, un posto per la notte su di un pagliericcio condiviso da un granatiere di leva; alle 5 del mattino, appena battuta la diana dai tamburi, che allora si usavano, con un fracasso indiavolato, egli mi tirò per i piedi gridando: “Ausseve, seve malavi?” e mi mandò alla fontana nel cortile a fare toletta, consegnandomi infine ad un altro sergente, che mi tenne per tutto il giorno a contare “un, dui” in piazza d'arme, ed a masticare teoria nel quartiere. |