Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Da Brescia proseguimmo per Lonato, nei cui dintorni accampammo. La mattina del 24 giugno i tamburi, pei quali, in omaggio a quei tempi, conservo una speciale predilezione, batterono la diana alle due e mezzo: e subito venne distribuito il rancio, che i più accorti inghiottirono senza badare all'ora eccezionale, conformandosi al sano precetto, imprescindibile pei soldati e pei viaggiatori, di mangiare prima di mettersi in cammino; mentre gli altri dovettero battersi a stomaco vuoto tutto il giorno, perché o non ne ebbero poi Il tempo o perdettero perfino le gamelle, come accadde a molti di quei volontari, che ci raggiunsero dal deposito di Alessandria precisamente la sera del 23.

     Appena levate le tende ci ponemmo in via: e il mio battaglione, che insieme con una sezione di artiglieria, uno squadrone di cavalleggeri di Alessandria e un battaglione di bersaglieri, formava l'avanguardia della divisione di estrema destra dell'esercito sardo, avanzò con le precauzioni necessarie prima su Castel Venzago, indi su la Madonna della Scoperta.

     Ben presto le nostre compagnie si spiegarono in battaglia nei campi laterali alla strada, fra gli steli del frumento maturo: e quantunque non si vedesse e non si udisse ancora nulla, si presentiva che il ballo non tarderebbe a incominciare. Allorché il Varesi mi disse: “Ouii, ghe semm!”, quante impressioni mi assalirono! La idea concreta che si poteva morire, non mi si presentò; ma in sua vece provai una vaga apprensione anticipata del momento, in cui mi sarei trovato faccia a faccia col nemico: e mentre la soddisfazione sincera di menare le mani una buona volta, dopo sì lunga attesa, portava il sorriso alle labbra e un lampo negli occhi, il sangue, precipitando al cuore, faceva impallidire il viso, e un leggero brivido correva giù per la spina dorsale.


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Umberto