Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Un cascinale nei pressi della Madonna della Scoperta, fu per qualche tempo il centro delle nostre evoluzioni. Riparatici colà dopo un attacco, quante volte uscimmo alla riscossa tante dovemmo ripiegare entro quelle mura, sopraffatti dal numero dei nemici. I tirolesi, dalle uniformi grige, ritti come una fila di giovani pioppi sui dorsi dei poggi circostanti, ci fulminavano spaventosamente.
     Abbandonammo infine quel disgraziato cascinale; ma in esso, pur troppo, anche dei nostri, che furon fatti prigionieri. Fra questi un provinciale, il maggior pelandrone della 2a compagnia, che rintanato in cucina, non volle sapere di venir con noi, malgrado le più vive esortazioni. Ritornò al reggimento dopo parecchie settimane di prigionia, credo in Boemia, estenuato, in uno stato da far pietà, ben punito della sua cocciutaggine. Del resto fecero a costui degno riscontro alcuni soldati austriaci, che nella prima nostra carica trovammo seduti in fondo a un fossato, fumando tranquillamente le loro pipe di maiolica, e che si lasciarono catturare come se fosse cosa intesa.

     In generale però i nostri mostraron molto coraggio, quantunque alle volte la grandine delle palle seminasse strage in mezzo a noi. Pochi vidi scansarsi, col pietoso pretesto di accompagnare i feriti. I primi, che si slanciavano contro il nemico senza badare al rischio quando si comandava l'attacco alla baionetta, venivano sempre seguiti dal grosso dei compagni. Ma non mai sparvero le distanze fra gli avversari in modo da impegnarli all'arma bianca; prima dell'urto, l'una o l'altra delle masse cedeva invariabilmente il campo.


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Umberto