Oh belle brigade,
La brigade Savole!
Peccato!
Non pochi dei nostri, entrati un po' più tardi nell'azione, seguirono i savoiardi, e combatterono da valorosi nelle loro file: tra questi, Giuseppe Noghera, del 2° che allora si guadagnò la menzione onorevole. Ma io, io ero talmente affranto, che non appena liberato dall'incubo del nemico, mi gettai a terra, senza neppure slacciare il sacco, e lì, presso una nostra batteria, che tuonava senza interruzione, mi addormentai di un sonno di piombo.
Rialzatomi dopo poco fresco, e riconfortato, cambiai il mio fucile, che m'aveva tanto fatto disperare perché non riuscivo mai a ripulirlo dalla ruggine, con un altro, che raccolsi e mi sembrava ed era infatti più nuovo, e mi posi alla ricerca dei miei ufficiali, che non tardai a raggiungere. Domandai ingenuamente al mio tenente Mortarino: “Abbiamo vinto o perduto?” “Per ora” mi rispose “occupiamo il campo di battaglia, dunque mi sembra che abbiamo vinto”. Ma la lotta continuava; e poco dopo il temporale, fummo inviati a sostenere la nostra sinistra verso San Martino, senza però impegnarci in altri scontri. Finimmo per fermarci alla cascina di Ponticelli, dove aveva eroicamente combattuto la brigata Casale, 11° e 12°, dalle mostre gialle: e là, ad ora inoltrata, quando cessarono le cannonate, delle quali nell'oscurità si vedeva il bagliore lontano, ci gettammo per terra a riposare.
Quella prima notte un solenne raccoglimento regnò fra le nostre fila. Un sentimento religioso occupava tutti gli animi. Si parlava poco, s'interrogava a voce sommessa intorno alla sorte di un commilitone, si chiedeva con una parola una notizia: poi ognuno si chiudeva nella propria coscienza. Solo più tardi nacque il desiderio di espandersi, di rallegrarsi con gli amici superstiti, di rimpiangere quelli che mancavano; e si diè la stura ai racconti interminabili degl'incidenti della giornata.
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