Lo spettacolo, che ci si presentò tutt'intorno all'aurora del giorno 25, era spaventevole. I morti tanto spessi che li dovevamo smuovere per piantare le tende; semivestiti, gonfi, neri, giacevano in tutte le attitudini. Cavalli feriti si trascinavano nitrendo; altri, sventrati, ributtavano. Carriaggi rovesciati, affusti fracassati, armi rotte, attrezzi, cenci sanguinolenti coprivano la campagna, che pareva tutta spruzzata di giallo, per la gran quantità di distintivi gialli della brigata Casale. Un numero incredibile di lettere, gettate via dai predoni che avevano svaligiati gli zaini, faceva tristamente pensare a Dio sa quali e quanti cuori, spezzati per sempre.
Si rimase in mezzo a quella gran desolazione più e più giorni, sino a che le squadre di contadini, stesi in catena, ebbero finito di raccogliere i cadaveri nelle grandi buche scavate all'uopo. Ci eravamo talmente avvezzati a questo pietoso lavoro, che non ci faceva più caso. Si commiseravano quei feriti, che venivano trovati ancora vivi dopo molte ore, dopo interi giorni di abbandono sul campo. |