Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Egli aveva ritardato di un giorno la venuta, per essersi fermato a Brescia a cercarmi nelle ambulanze e negli ospedali, credendomi ferito dietro una falsa informazione, come facilmente avviene in simili frangenti.
     Quel ritardo gli aveva porto l'occasione di assistere alle conseguenze del famoso panico, che sorprese le truppe alleate a Brescia, dopo la battaglia; pel quale, senza che mai si sia conosciuta la cagione, cavalieri e fanti si diedero ad una corsa disperata, non vedendo più nulla, solo pensando a fuggire il nemico immaginario. Mio padre ci raccontò gli aneddoti più strani ed incredibili, di conducenti che tagliavano le tirelle abbandonando i carriaggi, di moribondi che scappavano dalle ambulanze meravigliosamente risanati, urlando “les Allemands, les Allemands”. In verità gli effetti della paura su le masse superano ogni credenza.

     Il maggiore Santa Rosa disse a mio padre, che mi ero battuto bene, e che io e Bresciani della 2a compagnia, con parecchi altri volontari del reggimento, eravamo stati proposti al Ministero per la nomina ad ufficiali. Sperava che il Ministero consentisse. Infatti ricevetti allora le congratulazioni dei sottufficiali ed anche degli ufficiali. A Milano, scrive mia madre nel suo diario, si dava la nostra promozione come un fatto sicuro; ma il Ministero la rimandò alla fine della campagna. Certo è, che dopo la giornata della Madonna della Scoperta i volontari godettero nel reggimento di una maggiore considerazione.
     Il capitano Fezzi, che durante l'azione del 24 si condusse benissimo, tenendo compatta la compagnia, tanto che si meritò la medaglia di argento, ricevè anch'egli mio padre con deferenza cortese. Lo intrattenne intorno ai casi del combattimento, nei quali mi aveva avuto vicino, e conchiuse battendomi sulla spalla con assai lusinghiere parole al mio indirizzo. Mi propose poi per la menzione onorevole.


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Umberto