Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Godevamo con tanto più intenso piacere il riposo accordatoci, quanto più credevamo per fermo, che la guerra continuerebbe, e ci ripromettevamo per la fine dell'armistizio una energica ripresa delle ostilità. Invece, l'11 di luglio si firmava la pace di Villafranca.
     La notizia cadde nel campo come un colpo di fulmine. I veneti piangevano, mettevano compassione. Noi, desolati, non ci volevamo convincere che tutto fosse finito, che si dovesse abbandonare nelle mani dell'Austria quella Venezia, che già consideravamo come nostra. Ci vergognavamo del piacere provato alla conclusione della tregua, che aveva preceduta una soluzione così inattesa. Senza il freno della disciplina, chi sa quali clamorose dimostrazioni avremmo fatto.
     Si riprese mestamente la via del ritorno, e il 21 di luglio il reggimento si acquartierò a Monza, ove ricominciò la vita di guarnigione con le sue noie inevitabili, alleviate dalle manifestazioni di simpatia delle popolazioni, che appena sorte a libertà godevano di avere finalmente dei soldati italiani, comandati da italiani,

     a guardare le loro case.
     Poco tempo rimasi a Monza, e il 12 di agosto lasciai il reggimento per recarmi alla scuola militare di Novara.
     Già nel luglio i quadri dell'esercito erano stati rafforzati coi sottotenenti usciti dalle scuole di Ivrea e di Pinerolo, dove molti volontari entrarono prima della campagna con la promessa del governo piemontese di ottenere il grado di sottotenente dopo un breve periodo di studi. E infatti una parte elettissima di quei giovani novellamente promossi, fiore della società milanese, ci aveva raggiunti a Monza, dolente che la pace di Villafranca lasciasse inappagato il suo desiderio di prendere parte alla campagna. Ma neppure questi bastavano alle esigenze dei quadri, dopo l'aumento dell'esercito richiesto dall'annessione della Lombardia al Regno, e dalle previsioni di prossime complicazioni. Quindi il governo, per sopperire alla deficenza, invitò i volontari più colti, che avevano partecipato alla campagna come semplici soldati, a seguire un corso d'istruzione a Pinerolo per quelli di cavalleria, a Novara pei fantaccini.


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Umberto