Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


Pagina 45
1-20- 40-60- 80-100- 120-140- 160-180- 200-220- 240-255

[Indice]

     Sebbene io non avessi intenzione di dedicarmi alla carriera militare, pure mi decisi a profittare della offerta, per essere ancora pronto a servire il paese in caso di nuove guerre nazionali. Fui quindi inviato, insieme con settecento commilitoni circa fra volontari e bassi ufficiali di ogni arma di fanteria, a Novara, dove, acquartierati nella gran caserma Perrone, seguimmo un corso teorico-pratico sotto la direzione dei tenenti colonnelli Cadorna prima, poi Bicotti, per porci in condizione di disimpegnare le funzioni del grado futuro.
     Quelle ore di intimità cordiale, di gaiezza spensierata, trascorse in quei cameroni, sono ancora vivissime nella mia mente. E vorrei che tali si conservassero anche pei compagni, fra cui molti raggiunsero alti gradi nell'esercito; perché così sorriderebbero meco al ricordo delle scene, in cui essi hanno pure rappresentata una parte.

     Non possono per esempio aver dimenticato il concerto eseguito nel primo camerone, splendidamente illuminato a moccoli, in cui il granatiere Cavallotti, alto un metro e ottanta, coronato di fiori e leggiadramente drappeggiato nei lenzuoli delle brande, rappresentava la Sorella Ferni; e come al morire delle ultime note del Carnevale di Venezia, fra un subisso di applausi, si spalancasse l'uscio, e nel vano della porta apparisse l'ufficiale di picchetto gridando: “cosa ca l'è sto rabell?”; e come la Ferni scivolasse col violino sotto il leggio, e l'uno sofiasse i moccoli, l'altro si liberasse dai travestimenti, un terzo facesse scomparire gli apparecchi teatrali: la chiusa, insomma, riuscisse degna dello spettacolo.


[Pagina Precedente] - [Indice] - [Pagina Successiva]

Umberto