Sebbene io non avessi intenzione di dedicarmi alla carriera militare, pure mi decisi a profittare della offerta, per essere ancora pronto a servire il paese in caso di nuove guerre nazionali. Fui quindi inviato, insieme con settecento commilitoni circa fra volontari e bassi ufficiali di ogni arma di fanteria, a Novara, dove, acquartierati nella gran caserma Perrone, seguimmo un corso teorico-pratico sotto la direzione dei tenenti colonnelli Cadorna prima, poi Bicotti, per porci in condizione di disimpegnare le funzioni del grado futuro.
Non possono per esempio aver dimenticato il concerto eseguito nel primo camerone, splendidamente illuminato a moccoli, in cui il granatiere Cavallotti, alto un metro e ottanta, coronato di fiori e leggiadramente drappeggiato nei lenzuoli delle brande, rappresentava la Sorella Ferni; e come al morire delle ultime note del Carnevale di Venezia, fra un subisso di applausi, si spalancasse l'uscio, e nel vano della porta apparisse l'ufficiale di picchetto gridando: “cosa ca l'è sto rabell?”; e come la Ferni scivolasse col violino sotto il leggio, e l'uno sofiasse i moccoli, l'altro si liberasse dai travestimenti, un terzo facesse scomparire gli apparecchi teatrali: la chiusa, insomma, riuscisse degna dello spettacolo. |