Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     I bersaglieri, alloggiati nei cameroni del secondo piano, rivaleggiavano coi granatieri nella varietà delle invenzioni, e per non parere da meno, organizzarono, sopra un palco disegnato dal bersagliere Casnedi, una rappresentazione mimo-danzante, che attirò pure una folla di spettatori. Vi colsero applausi infiniti la prima ballerina, bersagliere Airaghi, ravvolta in veli trasparenti, che permettevano di ammirare il candore delle carni; la seconda ballerina, bersagliere Peverelli; e il primo mimo, bersagliere Praga; nonché l'orchestra. E anche allora una
     scappata generale al comparire del tenente diede termine al divertimento.
     L'animazione della scuola durò sino al tempo degli esami, che ci dette il Ricotti. Dopo, nel novembre, la caserma si spopolò, perché si concessero con grande facilità le licenze, e specialmente i volontari inscritti nelle università ne profittarono per recarsi a dare gli esami del corso annuali. Io, come gli altri, il 2 novembre, andai a Pavia con un permesso di venti giorni.

     I professori, in considerazione dell'anormalità dei tempi, si mostrarono di facile contentatura. Alcuni poi di quei più vecchi, compresi di ammirazione per i giovani salvatori della patria, e fors'anco per far dimenticare qualche piccola marachella rispetto a patriottismo, ci abbracciarono con entusiasmo, e per poco non ci ringraziarono del favore loro concesso di esaminare degli eroi. Superato così il secondo anno, mi inscrissi al terzo di matematica.
     Però il soggiorno di Pavia, in mezzo alla esaltazione dell'Università, nocque alla scuola di Novara, e le rubò qualche anima. Il partito d'azione, al quale appartenevano tanti miei amici, promettendo spedizioni e nuovi ardimenti a chi non fosse coperto da una divisa, tentò anche me. Solamente dopo fieri contrasti ritornai fra' commilitoni, ma in una condizione di spirito assai difficile; gli ultimi giorni passati nella caserma Perrone, anche perché eravamo incerti del nostro avvenire, ci si resero alquanto uggiosi.


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Umberto