Il mio vecchio amico, il maggiore Santa Rosa, mi accolse con l'usato affetto, e mi volle ancora sotto i suoi ordini nel 1° battaglione. Venni destinato alla 4a compagnia, sotto il capitano Grosson e il sottotenente anziano Rinaldo Taverna.
Quando il Grosson si dimise, preferendo, come fecero parecchi ufficiali dell'esercito di quell'epoca, di andare nell'Emilia e ottenervi un grado superiore, lo sostituì al comando della 4a l'ottimo capitano Fiore.
Fra gli ufficiali contavo una numerosa schiera di amici. Il reggimento, essendovisi introdotto, di mezzo alla severa ufficialità piemontese, un elemento nuovo, giovane, brillante, aveva preso un aspetto più gaio. Nella città piena di vita, esultante per la libertà recentemente acquistata, si succedevano splendide feste, e in ogni luogo
ci si accoglieva con favore. Passai un inverno di delizie, alternando con il servizio balli e mascherate, e perfino un po' di studi matematici.
Così durò per quattro mesi. Nel maggio Garibaldi partì per la Sicilia con la spedizione dei Mille; io gli tenni dietro poco dopo, e un nuovo seguito di avvenimenti mi travolse.
CAPITOLO III
IN SICILIA
(1860)
Durante il tempo che scorse fra il licenziamento dalla scuola di Novara e la presentazione al reggimento, mentre stavo a casa, in Varese, occupato ad equipaggiarmi, mi venne fatto di soddisfare all'ardente, antico desiderio di conoscere personalmente il generale Garibaldi.
Il generale, dopo aver deposto il comando delle truppe dell'Italia Centrale, si era recato verso la metà del dicembre 1859 nella villa del marchese Raimondi, a Fino, presso Como. Là, il 21 di quel mese, mio padre mi condusse, insieme con un amico, a visitarlo.
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