Le ragioni poi, per cui tanto il Bertani che Medici non avevano voluto svelarmi la partenza dell'Utile, e m'avevano anzi lasciato andare in Lombardia, sono facili a indovinare. Oltre al riserbo, che loro s'imponeva in massima, e alla necessità di mantenere il segreto con le autorità piemontesi, le quali non potevano non opporsi ad un aperto tentativo contro il reame di Napoli, essi avevano dovuto tener conto da un lato della piccolezza del vapore, che limitava la scorta, e dall'altro del bisogno di ufficiali sperimentati per il secondo grosso invio di volontari. La cieca fortuna, portandomi al molo, mandò a monte quei loro propositi al riguardo mio.
Un solo rimorso, un acerbo rimorso mi pungeva, mentre salivo a bordo dell'Utile, quello di mancare alla promessa data al giovane amico Francesco Lanza, di Palermo, secondogenito del principe di Scalea. Accorso in Piemonte nel 59 per la guerra contro l'Austria, il Lanza portava anch'egli le spalline di sottotenente dei granatieri, quando Garibaldi sbarcò nella sua isola natia; e punto non esitando dinanzi al suo dovere di siciliano, anch'egli aveva date le dimissioni, e fidente aspettava a Firenze, ov'era andato a salutare la madre, un mio cenno per raggiungermi e partire con me. Ero, in quell'istante, desolato di abbandonare; ma sfido a far diversamente! Il Lanza s'imbarcò poco dopo col Malenchini, e alla testa di una compagnia si guadagnò a Milazzo la medaglia al valore. Ora egli è senatore del regno. |