Per quanto ci affrettassimo, fu impossibile raggiungere Monreale prima del 5. Qui, disposto il materiale su la piazza, in faccia a quel miracolo d'arte arabo-normanna che è la cattedrale, aspettammo gli ordini di Garibaldi, secondo un suo dispaccio antecedente.
Garibaldi, entrato in Palermo all'alba del 27 maggio, si era battuto lungamente per le vie della città, e il 31 aveva conchiuso col generale Letizia una tregua di settantadue ore, che prorogata prima, venne mutata in capitolazione definitiva il 5 giugno, appunto al nostro arrivo in Monreale. Quel giorno stesso egli c'inviò un ordine di raggiungerlo subito, poi un contrordine. Finalmente il 6, alle due pomeridiane, anche noi entrammo in Palermo, e consegnato in perfetto stato il carico affidatoci al commissario del comando generale, sfilammo, sempre con la modesta nostra divisa di guardia nazionale, nella piazza del municipio, salutati con effusione dai Mille, che ci assediavano di domande, ansiosi sopratutto di sapere ciò che si dicesse di loro sul continente. E noi li contentavamo, guardandoli con ammirazione e con rispetto, lieti di essere noi i primi a recar loro notizie del paese. Essi accoglievano le nostre dimostrazioni come un omaggio loro dovuto, né, in verità, si può dire che brillassero per troppa modestia; ma credo che nessun italiano abbia mai avuta tanta ragione, com'essi avevano, di sentire altamente di sé. Non eran essi partiti da Quarto per l'ignoto?
Ci si condusse nella chiesa di san Giuseppe dei Teatini, sui Quattro Canti, aperta la volta da una bomba, e già occupata dai garibaldini. Schierati nella navata sinistra, attendevamo già la visita di Garibaldi, impazienti di vederlo e di udirlo: l'Agnetta era già pronto a presentargli il suo piccolo drappello, quando entrarono due ufficiali in giubba di tela. Quegli che aveva l'aria di maggior grado, venne difilato a noi, e domandò: “Chi comanda qui?” L'Agnetta, si fece innanzi, e l'altro, senza aspettar risposta: “Vada coi suoi uomini ad accompagnare ai funerali la salma del colonnello Tukory”. L'Agnetta, ritto sul guard'a voi, chiede: “Ma scusi, chi è lei?” “Io sono Bixio”, grida e gli lascia cadere in viso un manrovescio....
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