Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Lo sconforto però ebbe breve durata, perché, contrariamente ai miei pronostici, la compagine, lo spirito, l'aspetto della brigata rapidamente migliorarono: si rese possibile l'applicazione dei regolamenti; si attese con diligenza all'istruzione; il congegno della gerarchia funzionò fra gli ufficiali; la disciplina si assodò nella truppa. E io che mezzo spaventato avevo perfino chiesto al Simonetta di pigliarmi con sé, tanto invece mi appassionai della mia brigata e m'immedesimai con essa, che non volli più staccarmene neppure quando mi s'invitò ufficialmente a passare in quella di Medici.
     L'applicazione della legge su la leva degli uomini atti alla milizia, dai diciassette ai trent'anni, per cui si sarebbero dovuti riempire i nostri quadri, diede un risultato assolutamente negativo, perché il sospettoso dispotismo dei Borboni, esentando i siciliani dalla coscrizione, e tenendoli lontani dalle armi, aveva fomentato in essi un'avversione insuperabile per il servizio obbligatorio; avversione che noi, incalzati dalla fretta, non avevamo né il tempo né i mezzi di vincere, e contro cui lottarono invano e la fermezza del generale Turr, e l'eloquenza di padre Pantaleo, il quale aveva appunto seguita la nostra colonna.

     Questo giovine, col quale ebbi allora dimestichezza, accorso tra i primi dal suo convento di Salemi incontro a Garibaldi, che apparve a lui apostolo di carità e di giustizia; questo frate, di cui la tonaca bruna e il crocifisso alla cintola davano alle camice rosse la nota della poesia religiosa; quest'uomo, che sinceramente convinto degli ideali umanitari e cristiani, volle continuare la missione riformatrice per l'Italia e per l'Europa anche dopo le campagne della indipendenza: padre Pantaleo, possedeva senza dubbio le migliori attitudini per conquistare i cuori dei suoi compaesani. Eppure, quando egli toccava, nelle sue prediche immaginose, il tasto scabroso della coscrizione, le corde simpatiche dell'uditorio non vibravano più. Stizzito per l'insuccesso, egli ci abbandonò per correre a Milazzo presso il dittatore.


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Umberto