Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Non ho da riferire altri particolari sul soggiorno della brigata in Catania, perché, essendosi sparsa la novella, che i regi spingevano da Messina verso noi una forte colonna, venne a me l'ordine di andare a Taormina, insieme con la compagnia estera, a fine di rilevar l'importanza di quei movimenti, tenendone al corrente lo stato maggiore.
     C'incamminammo dunque per quella meravigliosa riviera il 19 luglio, pieni di ardori belligeri; ma di mano in mano che avanzavamo, persino l'ombra del nemico svaniva, e quando arrivammo a Taormina, la nostra ricognizione era convertita in una stupenda gita di piacere.
     Distribuiti i posti di osservazione, e ordinato il servizio informazioni, c'installammo a tutto piacer nostro nella palazzina di un barone, che era fuggito perché in voce di borbonico, e beatamente ci dedicammo in quell'angolo di paradiso al dolce far niente, lo sguardo perduto in quella linea lontana, ove si baciano gli azzurri del cielo e del mare.

     Dovrei ora aggiungere come il collega di missione, il Wolf, comandante la compagnia estera, accrescesse il fascino di quelle ore, con gli allettamenti dello spirito colto e sagace: familiare del Mazzini, confidente dei patrioti di tutta Europa, sapeva tener viva una conversazione tra le più dilettevoli; già milite in Africa nella legione straniera, in Piemonte nella legione anglo-italiana, oggi, a capo degli svizzeri e dei bavaresi disertori dell'esercito borbonico, e gente punto facile, mostrava un tatto militare, una energia veramente non comune. Ma sulla memoria di quell'uomo, che pareva l'incarnazione più pura della rivoluzione, a cui, durante dieci anni, noi tutti stringemmo fiduciosi la mano, sul campo e nelle nostre case, perché compagno nostro nelle spedizioni, nei combattimenti, nelle prigioni; su la immagine di quell'uomo, conviene stendere un velo come i veneziani sul ritratto del doge fellone, e passare oltre per sempre.


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Umberto