Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Gli ozii di Taormina, che in tutt'altra occasione avremmo goduti con intenso diletto, ci pesavano oramai come una inazione colpevole: un dispaccio di Medici, che ci preveniva del prossimo suo attacco contro i regi, ci aveva messo nel sangue la febbre dell'impazienza, e la notizia della vittoria di Milazzo, e del rapido avanzarsi dei garibaldini su Messina, avevano spinta l'impazienza fino al parossismo. S'immagini quindi con quanta soddisfazione vedemmo arrivare a Giardini la nostra brigata, che Eber e Spangaro, rotti gl'indugi, dopo soli dieci giorni di sosta a Catania, abbandonati gli approvvigionamenti incompiuti, e l'idea di assalire i forti di Siracusa ancora occupati dai borbonici, portavano speditamente a Messina, con la speranza di partecipare a qualche fatto d'armi, e sbarcare pei primi sul continente.

     E appunto per ottenere l'ambita preferenza, - ardente desiderio, che oramai ci rendeva perfino ingiusti verso la Sicilia, da cui non vedevamo il momento d'uscire, non sognando noi più che Calabria, - Eber, affidata a Spangaro la brigata, seguito soltanto da una guida, per vie di montagna si recò da Garibaldi. E ne riportò i migliori affidamenti che ci ridiedero lena e risollevarono gli spiriti; ma che pur troppo al momento dell'esecuzione, per colpa de' casi, non degli uomini, andarono delusi.
     Il 28 luglio entrammo in Messina, ove ci avevano preceduti i vincitori di Milazzo.
     Riguardo a quel combattimento, e alla capitolazione di Messina che gli tenne dietro, nulla avrei a dire per conto mio, non avendoci presa alcuna parte. Credo utile invece di copiare da una lettera famigliare, indirizzata l'8 agosto a mia madre dal brigadiere Simonetta, il brano seguente, che piglia importanza dall'autorità dello scrittore:


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Umberto