Gli ozii di Taormina, che in tutt'altra occasione avremmo goduti con intenso diletto, ci pesavano oramai come una inazione colpevole: un dispaccio di Medici, che ci preveniva del prossimo suo attacco contro i regi, ci aveva messo nel sangue la febbre dell'impazienza, e la notizia della vittoria di Milazzo, e del rapido avanzarsi dei garibaldini su Messina, avevano spinta l'impazienza fino al parossismo. S'immagini quindi con quanta soddisfazione vedemmo arrivare a Giardini la nostra brigata, che Eber e Spangaro, rotti gl'indugi, dopo soli dieci giorni di sosta a Catania, abbandonati gli approvvigionamenti incompiuti, e l'idea di assalire i forti di Siracusa ancora occupati dai borbonici, portavano speditamente a Messina, con la speranza di partecipare a qualche fatto d'armi, e sbarcare pei primi sul continente.
E appunto per ottenere l'ambita preferenza, - ardente desiderio, che oramai ci rendeva perfino ingiusti verso la Sicilia, da cui non vedevamo il momento d'uscire, non sognando noi più che Calabria, - Eber, affidata a Spangaro la brigata, seguito soltanto da una guida, per vie di montagna si recò da Garibaldi. E ne riportò i migliori affidamenti che ci ridiedero lena e risollevarono gli spiriti; ma che pur troppo al momento dell'esecuzione, per colpa de' casi, non degli uomini, andarono delusi. |