I due cordoni di sentinelle, l'avversario e il nostro, stesi sulla spianata che separa il forte dalla città, erano a fronte l'un dell'altro con la massima indifferenza: chè anzi non di rado gli ufficiali borbonici assistevano ai nostri esercizi di maneggio, che unitamente ad Alessandro Carissimi, maggiore delle guide, e ad altri ufficiali del Medici, nostri buoni amici, eseguivamo per passatempo sul terreno neutrale. Le difficoltà sorgevano alle volte non per altro, che per la solita tendenza de' picciotti di attaccar brighe, mentr' erano in fazione, coi soldati napoletani, attirando su di noi, con nostra immensa stizza, i motteggi delle altre brigate più solidamente costituite. Una sera poi, con il mandare a monte, grazie a una di quelle loro scenate, una nostra festa geniale, improvvisata sotto i migliori auspici, i picciotti ci misero addirittura fuori dei gangheri.
Al finire di un banchetto, dato, nella elegante nostra dimora del palazzo Grano, in onore del Turr, l'amato generale ricomparso fra noi dal continente, l'allegria fece nascere nei giovani petti una voglia matta di ballare. La proposta incontrò il plauso universale; ma non essendovi signore, e del paese non conoscendo noi anima viva, l'attuazione sarebbe sembrata a tutti impossibile, tranne a noi, che a quell'età ed in que' tempi, non dubitavamo di nulla. |