aveva potuto farci riavere finalmente i nostri cavalli pel 28 al Piano dei Sorrisi, desolata e solitaria contrada dell'Apennino, il cui nome ci pareva una vera derisione. Intanto, io avevo dovuto in que' giorni prestar servizio a piedi, ordinare i corpi nelle marce, stabilire gli accampamenti, provvedere ad ogni cosa in mezzo ad una ressa indescrivibile, fra proteste e recriminazioni che mai risuonarono più alte. Il veleno della malaria mi si era infiltrato nel sangue durante le notti passate al sereno, e fui vinto. Colto da febbre perniciosa, al primo arrivo in Cosenza la mattina del 7 settembre, il giorno appunto in cui Garibaldi entrava in Napoli, mi si dovè di peso levar di sella per mettermi in letto, affidato alle cure dei buoni Cosentini.
I miei commilitoni, il giorno dopo, rivolto un saluto reverente alle tombe dei fratelli Bandiera fucilati in Cosenza nel 1844, proseguirono alla volta di Paola, donde, sui vapori a loro destinati, sarebbero senza intoppi pervenuti a Napoli, se la sorte non avesse loro gettato innanzi il generale Bixio, con quel suo carattere indiavolato. Il Bixio aveva già, su la marina di Paola, commesso un atto di prepotenza, mandando il suo maggiore, Menotti Garibaldi, a impossessarsi de' piroscafi assegnati alle truppe del Medici, e senz'altro imbarcando su essi la sua brigata. Siffatta esorbitanza aveva provocato da parte del Medici una vera esplosione di risentimento, e ne era seguito, fra' due comandanti, un diverbio vivacissimo. |