Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Come facilmente si può immaginare, non ero di buon animo. Mi coceva di aver mancato il 19 e il 21 a que' fatti d'arme, che compensano delle grandi noie della vigilia, e rendono il frutto delle lunghe fatiche: tanto più perché si vociferava prossimo l'arrivo dell'esercito con il Cialdini, probabile il nostro ritiro in seconda linea, fors'anco il nostro discioglimento. Per buona sorte, prima che si fossero avverati così brutti pronostici, mi fu dato assistere e pigliar parte alla battaglia del Volturno, con cui ebbe fine la campagna del 1860, l'anno memorabile, che dopo quello di Roma, al dir del Carducci, è il più grande della storia italiana.

     A noi toccava il turno della riserva. Dopo il combattimento del 21 settembre la brigata era passata a Caserta, ove ogni giorno, prima dell'alba, si schierava su la spianata per essere pronta, in caso di attacco, ad accorrere sui punti più minacciati. Oramai l'attesa si prolungava tanto, che già s'intiepidivano le speranze di avere ancora a combattere una giornata campale, quando al mattino del 1° ottobre, il persistere del cannoneggiamento verso Capua ci avvertì si trattasse di qualcosa più che delle solite scaramucce, e ci pose su l'avviso. Presto altri sintomi confermarono la importanza dell'azione: il propagarsi del rimbombo a un gran tratto dell'orizzonte; l'apparire di Sirtori, capo dello stato maggiore generale, sempre rigido, tacito, ascetico; la presenza di Turr, con il suo seguito numeroso, che si aggirava in mezzo alle file, volgendo a tutti una parola di fiducia. Incominciarono a incrociarsi i messaggi e le staffette, e a distaccarsi in fretta i battaglioni, secondo le richieste dei comandanti impegnati al fuoco, non senza impazienza da parte di Turr, che voleva serbar compatta la divisione per dare con


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Umberto