Destinati nuovamente a rimanere in prima linea, installammo l'ufficio a Santa Maria in casa Teti, mentre i picciotti davan prova agli avamposti di saldezza e di disciplina, sopportando al sereno, senza cappotti e senza tende, le fredde e piovose notti dell'ottobre, e mostrando la maggiore correttezza nel disimpegno delle operazioni militari in faccia al nemico, perfino nel ricevere, con le formalità di prammatica, i parlamentari, che spesso ci si presentavano per lo scambio dei prigionieri o per l'invio dei dispacci.
Il 14, surrogati da altri reggimenti, rientrammo a Caserta, e nell'appartamento della reggia riprendemmo le nostre antiche abitudini, tranquille e metodiche. L'ufficio richiedeva molto lavoro; ma si profittava di ogni ritaglio di tempo per galoppare nel parco, per visitar gli amici, per fare una corsa a Napoli. Una volta, informati che si doveva provare una nuova batteria, ci spingemmo il Gatti ed io, fino a Sant'Angelo. Mentre però giudicavamo dell'effetto del tiro sui forti di Capua, il nemico incominciò a rispondere con tanta energia, che noi ci vedemmo a mal partito. Eravamo in divisa e quindi non potevamo ritirarci; ci dava noia, d'altra parte, di pigliarci gratuitamente una palla. Restammo lassù, fermi al posto, fin tanto che il fuoco scemò di forza. |