Fortunatamente non s'interruppero mai le occupazioni militari; così scongiurammo il più grande nemico dei volontari, che è l'ozio. Il 16 ottobre Garibaldi passò in rivista la divisione, ridestando in noi le speranze di nuove imprese con l'ordine di apparecchiarci alla partenza. Il 19 impiantammo a San Leucio un servizio di guardia, per turno di battaglione. Finalmente il 25, guidati dal Rustow, che surrogava il Turr impegnato a Napoli, ci portammo a Sant'Angelo, insieme con altre brigate e con la legione inglese, per seguire il dittatore nella dimostrazione, che egli divisava condurre su la sponda destra del Volturno.
Lieti di tornare in campo sotto il comando di Garibaldi, avevamo il mattino, per tempo, varcato il fiume presso Formicola, a monte di Capua, sopra un ponte di tavole, che mal si reggeva alla prova per la inesperienza del nostro genio, quando il triste caso, che toccò al Bixio, venne a colpirci come un cattivo augurio. Marciavamo per una viottola incassata e declive, allorchè il generale volendo raggiungere i suoi che ci precedevano, ci volò d'innanzi a trotto così serrato, che ci fece dire aver egli voglia di fiaccarsi il collo. E infatti, pochi minuti dopo, il cavallo gli sdrucciolava di quarto, spezzandogli l'osso della gamba. Allora si vide quanto gli fossero devoti i suoi ufficiali. Non sapevano addirittura darsi pace: e commossi gli si affollavano intorno, mentre, adagiato in un praticello, il suo medico, maggior Domenico Gamba, lo fasciava, ed egli muto vinceva le sofferenze, e freddo si rassegnava alla sorte con una calma, che meravigliava in un uomo così impaziente e così iracondo. Me gli avvicinai anch'io, e fui anch'io colpito dal contrasto di quell'ora. Fu riportato via dall'ambulanza, il colonnello Dezza lo surrogò nel comando della brigata.
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