Senza cotesti fastidi, noi avremmo goduto fin troppo il riposo di quei giorni, nei dorati appartamenti della reggia, con un parco stupendo a nostra disposizione, e a noi intorno una compagnia genialissima. Il giorno, sbrigate le faccende dell'ufficio, ci scambiavamo visite con i commilitoni di Medici, di Bixio, acquartierati ne' paesi vicini. La sera ci raccoglievamo in crocchio giocondo, a dissertar di ogni sorta di argomenti. Vincenzo Broglio, il giornalista milanese, spacciava avventure degne del barone di Munchhausen; Giacomo Poma, il poeta, le traduceva in versi eroicomici: e ognuno di noi inforcava la propria cavallina, a briglia sciolta per i campi della fantasia, così ricchi di castelli in aria.
Il Simonetta incominciò ad agitarsi contro l'Austria, nel 1832, quand'era studente a Pavia, e venne perciò imprigionato il 1834, e trattenuto per sette mesi (3 giugno a 20 dicembre) nelle carceri di Santa Margherita di Milano. Nonostante l'ammonimento, egli non tralasciò di cospirare; e per la seconda volta, ai primi albori delle nuove speranze, l'Austria tentò arrestarlo nel 1847, volendolo confinare a Linz insieme con Ignazio Prinetti, il marchese Rosales e Manfredo Camperio. Ma egli, calatosi dalla finestra di sua casa, con l'aiuto del domestico fidato, mentre il commissario Bolza e gli sbirri bussavano alla porta, fuggì per miracolo all'agguato, e riparò in Piemonte. Raccolta in fretta, durante le cinque giornate, una schiera di armati, accorse a Milano. Poi fece nei carabinieri milanesi, a fianco dell'esercito piemontese, la campagna fin sotto Peschiera. Rimasto quindi a Torino dopo la battaglia di Novara, rappresentò al Parlamento, nella II, III e IV legislatura, il collegio di Intra, sedendo accanto al Depretis, al Plezza, al Lyons, al Mellana. Dal 1859 innanzi il suo nome appartiene alla storia, e io non starò qui a ripetere quanto essa ha già scritto di lui. |