Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Il generale Cugia, commissario regio con pieni poteri, aveva mandato una lancia della marina a prenderli a bordo del Perseverant, e offerta loro l'ospitalità nel palazzo reale; ma essi avevano preferito di alloggiare all'Albergo della Trinacria. Quando poi si trattò di conferire con lui, Fabrizi, Mordini e Calvino, che non amavano aver molto a che fare coi funzionari del governo, delegarono il collega Cadolini a recarsi a palazzo la sera del 10.
     Il colloquio, assai lungo, che ne seguì, fu un vero assalto ad armi cortesi. Tutti due gli schermitori volevano in fondo la pacificazione degli animi e la cessazione delle turbolenze; ma il Cugia, naturalmente, dopo avere con molta schiettezza esposte le difficoltà del governo, le ansietà dei prefetti, la pochezza delle truppe, e messo il Cadolini al corrente degli avvenimenti dell'isola, non vedeva che una sola via di uscita: cioè la, rinuncia di Garibaldi ad ogni moto illegale, e lo scioglimento delle bande. Quindi insisteva con il Cadolini, perché egli e i suoi amici s'intromettessero presso il generale a fine di raggiungere l'intento, e poneva a loro disposizione scorte e vapori.

     Il Cadolini, che non poteva negare in cuor suo la ragionevolezza degli argomenti del Cugia, non voleva, da buon garibaldino, palesemente convenirne. Cercava d'implicare la responsabilità del governo scemando quella di Garibaldi; di persuadere il Cugia a limitare i movimenti delle truppe regolari, dimostrandogli, che solo con l'evitare gli apparati militari, e salvaguardar le suscettività di Garibaldi, si poteva indurlo a più equi consigli. Chi ha conosciuto e il povero Cugia e il Cadolini, fior di gentiluomini e di patrioti, immagini la disposizione dell'animo loro, durante quel colloquio, in cui tutti due s'intendevano perfettamente e non volevano dirselo.


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Umberto