Lo confesso senza rossore: grosse lagrime ci caddero dalle ciglia, grosse gocce di sudore dalla fronte. “Lo sapevo che a questo si doveva arrivare”, esclamò Carlo, “e l'ho preveduto quando v'incontrai a Catania!” E all'udire il messaggio di Garibaldi: “ma io ho l'ordine di respingervi a fucilate” soggiunse, mentre ci traeva fuor di vista dei soldati per non dar loro spettacolo della nostra debolezza. “O come volete opporvi a noi con tre sole compagnie?” gli dice Frigerio. “E credi che noi di questo ci curiamo?” rispose fieramente; e, senz'altro, ci guidò dal suo comandante.
Al campo ci si aspettava ansiosi, specialmente perché lo stimolo della fame cominciava a farsi sentire. La tristezza dei nostri visi manifestò subito il cattivo esito della missione. Consegnammo a Garibaldi la lettera del maggiore, e gli riferimmo quanto avevamo udito e veduto. Il cuore ci batteva forte, mentre Garibaldi leggeva. Quando levò gli occhi dallo scritto, pendevamo addirittura dal suo labbro: quel minuto era decisivo. |