Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Ma di quanti fecero a noi ritorno da quelle fortunose spedizioni, nessuno produsse su noi tutti tanta impressione, quanto Federico Salomone, abruzzese, che ci apparve davanti, mentre andavamo su per l'erta della montagna, a cavalcioni di un meschino asinello, mezzo nudo, sì che Garibaldi lo ravvolse nel suo grigio mantello. Salomone ci raccontò, con voce e gesti conciati, le sue orribili peripezie, che io qui narro come mi vennero dettate dal suo compagno d'infortunio, Felice Mondelli di Como, un nobile carattere, un valoroso, di cui tanto si deplora la fine immatura. Trascrivo, per essere più fedele, le sue parole.
     “Appena Garibaldi fu in Sicilia nel 1862, io corsi a Genova per imbarcarmi e raggiungerlo; ma per quanto mi adoperassi, travestendomi perfino da cameriere di bordo, non riescii nell'intento; anzi la questura mi ordinò di tornare a Como, pena l'arresto.

     “La stessa sera di quel giorno io e il povero Rienti, dei Mille, conoscemmo in un caffè del molo Federico Salomone, allora maggiore nei carabinieri reali, il quale aveva già date le dimissioni, e attendeva venissero accettate.
     “Il Salomone che voleva come noi raggiungere Garibaldi, ci diede convegno a Loreto. Di là, dopo molte avventure, tra le quali un attacco di briganti al piano di Cinque Miglia, finimmo per capitare a Napoli, ove, travestiti da soldati in congedo, potemmo, ad onta dello stato d'assedio, salire a bordo di una nave. Sbarcati a Messina, e attraversati gli avamposti a Giarre, io venni, insieme con altri, presentato in Catania dal Salomone a Garibaldi.


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Umberto