Riconoscendo che non avevano tutti i torti di recriminare, gli ufficiali usavano verso quei tiratori provati l'indulgenza massima; ed essi dal canto loro, dopo i primi sfoghi, da vecchi soldati, non pensarono più che a eseguire rigorosamente il loro dovere.
Salvo quest'eccezione di massima, che veramente è capitale, ma alla quale non si sarebbe potuto in quell'ultim'ora portar rimedio alcuno, gli ufficiali del battaglione milanese, nessuno escluso, sia che fossero richiesti dal Castellini, sia che fossero destinati dalla commissione di Firenze, erano fior di militari. Per fortuna nostra; perché con la scarsezza eccessiva, tale che alle volte a capo di una compagnia si vedeva un ufficiale solo, in tutto e per tutto, se tra questi si fossero trovati de' fiacchi, o de' neghittosi, era impossibile tirar avanti.
Il maggiore Nicostrato Castellini dava il tono con l'esempio, pagando di persona, non scansando mai una fatica, curando le minuzie con diligente pazienza, studiando i bisogni dei suoi uomini con amore di padre, e procacciando i rimedi senza risparmiarsi. Era alto, magro, nervoso, dalla complessione segaligna, dal carattere risoluto, di vero bresciano. La riputazione di fredda audacia, acquistata sui campi di battaglia, gli dava fra gli ufficiali un'autorità indiscussa, sui soldati un ascendente salutare.
Nato a Rezzato nel 1831, sino dal 1848, mentre studiava al liceo, aveva presa parte alla rivoluzione di Brescia, e fatta la campagna del Tonale. Venuto in seguito a Milano, ed incorporato nelle compagnie lombarde, fu ferito a Morazzone. Nel 1849 andò a Venezia, caporale, poi sergente nella coorte dei veliti; poscia, da sottotenente, sostenne l'assedio nel forte di Malghera.
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