Degli altri ufficiali, non avendoli conosciuti prima, non ho nulla a dire, se non che tutti adempirono strenuamente il loro dovere, tanto quelli che partirono con noi da Bergamo, Federico Veronesi, G. E. Cella, Pietro Fontanari, Morandi, Cavallazzi e Banfi, quanto quelli o che ci raggiunsero più tardi, inviatici dagli altri reggimenti, come Angelo Zilio Grandi, o che vennero promossi durante la campagna, appartenenti già al battaglione, come il furiere maggiore Cereda, gl'ingegneri Giulini e Gilardi.
Il furiere maggiore Francesco Cereda, milanese, impiantò ordinatamente la contabilità con l'aiuto di valenti caporali di maggiorità. Tra questi va annoverato Cesare Parenzo, ora senatore del regno, lo storico e il giornalista del battaglione, che brillava per l'ingegno eletto e, non se lo abbia a male, anche per la negligenza della tenuta; tanto che lo si chiamava per celia “brutt brusajè”; né egli si dava la pena di smentire il motteggio se non al fuoco, con la lunga carabina inglese, regalatagli da Garibaldi. |