Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Il comando dei bersaglieri dell'esercito c'inviò due istruttori trombettieri, uno destinato al nostro, il secondo a chi sa quale altro battaglione di volontari, e sbalestrato nel nostro per uno dei soliti accidenti di quel tempo. Non avendo ricevuti nuovi ordini, rimase anch'esso con noi; e così in due ci montarono una fanfara famosa. Quei saldi piemontesoni parevano in principio completamente disorientati in mezzo alla baraonda dei volontari; ma ci si fecero, e ne furono contenti, trovando che, in fondo eravamo buoni figliuoli. L'uno dei due nella prima tappa perdette lo zaino, che aveva con piena fiducia consegnato al conduttore del carro del battaglione; e bisognava vedere la meraviglia, che accompagnava la sua desolazione. Per consolarlo i bersaglieri lo canzonavano: “ma credete di essere al vostro battaglione? qui fra volontari ognuno deve pensare al fatto suo”.

     Finalmente non voglio dimenticare que' due carabinieri reali, che ci scortarono durante una gran parte della campagna, prestando il servizio loro con un'abnegazione, con una precisione, e nello stesso tempo con tanta buona volontà, da guadagnarsi le simpatie non solo de' capi, ma di tutti i soldati.
     L'organizzazione pertanto del battaglione, malgrado le numerose difficoltà, progrediva alacremente. La preponderanza degli elementi buoni, de' quali alcuni eccellenti, le solerti predisposizioni della società de' carabinieri, la vertiginosa attività spiegata, suonando la sveglia alle tre e mezzo del mattino, ed impartendo dieci ore di esercizi e di teoria, ci posero in grado di presentarci a Garibaldi, solo tredici giorni dopo l'arrivo a Bergamo, se non nella sostanza, almeno nella forma in completo assetto, e pronti a marciare.


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Umberto