La sera del 21 arrivammo a Rocca d'Anfo, ove ci aspettava il Bezzi con due compagnie del 2° reggimento (Espinazzi). La 1a era comandata dal capitano Marrani, la 2a dal capitano Ettore Filippini dei Mille: e già da tempo ogni mattina si portavano all'estremità superiore del lago d'Idro per sorvegliare la frontiera, ritirandosi la notte nel forte.
Il Bezzi, accampando l'ordine perentorio di Garibaldi, quello cioè di raggiungere il confine entro il 24, insisteva, perché si continuasse la marcia; e Castellini avrebbe acconsentito. Ma radunati a consiglio i comandanti delle compagnie, questi fecero presente la stanchezza dei soldati, e la loro inesperienza, che rendeva l'attacco notturno difficile e pericoloso. L'operazione, nonostante il malumore del Bezzi, fu rimandata all'indomani.
La ragione, per cui stava tanto a cuore a Garibaldi di passare il confine impreteribilmente nella giornata del 24, e che noi naturalmente non potevamo in nessuna guisa indovinare, era la seguente.
Garibaldi era stato dianzi avvertito dal generale La Marmora, che l'esercito regolare, in massa, avrebbe varcato il Mincio il 24; e però anch'egli aveva quindi stabilito di passare dal canto suo la frontiera, e invadere il Tirolo, con i volontari, in quel medesimo giorno. A tal uopo si era recato subito ad Anfo per esaminare il terreno, su cui voleva agire, e la mattina del 21, accompagnato da Bezzi e da Basso, aveva percorso in birroccio la strada, che conduce a Bagolino, fermandosi su lo sperone di Monte Suello, che si protende verso Caffaro, e che domina la valle del Chiese e gli sbocchi delle vallate convergenti.
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