Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Poco più in là il giovine Zecchini, trentino, è freddato sul colpo da una palla in fronte. Il caporale Antonio Mattei di Treviso, eletto più tardi deputato, ha trapassato un piede. Un urto violento ad una spalla manda me a rotolare nel fossato.
     “E' morto il capitano”, odo ripetere.
     “No, per Dio, non è morto, avanti”, grido rialzandomi, indolenzito per il gran colpo ricevuto da una palla di rimbalzo; e i miei bersaglieri acclamano, e continuano a marciare in mezzo alle messi ondeggianti dei campi.
     Le altre compagnie, spiegate in battaglia sulla china della montagna alla nostra sinistra, avanzavano anch'esse, guidate da tutti gli ufficiali, impavidi al posto loro. Tra questi riconobbi il Frigerio, ritto dinanzi ai suoi, e gl'inviai col cuore un saluto, quasi presago di non più rivederlo.

     L'azione diventava sempre più calda e difficile per noi. Gli austriaci, dietro le cinte dei giardini e dentro le case, ci fulminavano spaventosamente. Pure l'ordine era di ripigliar Vezza; bisognava eseguirlo. Arrivati a poca distanza dal villaggio, ove sorge una cappelletta, ripariamo sotto un muricciuolo ad aspettare il primo e il secondo plotone, trattenuti dalle difficoltà del terreno. Sopraggiungono, insieme ad altri pochi bersaglieri guidati dai tenenti Morandi e Banfi : la mia tromba suona la carica, e ci slanciamo alla baionetta; la grandine di piombo degli stuzzen, l'uragano di mitraglia di due cannoni, fanno strage di noi: a pochi passi dalle case siamo ridotti a un drappello insignificante, e non abbiamo più cartucce....


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Umberto