Ridottomi a casa da Londra dopo alcune settimane, trovai il movimento popolare per l'acquisto di Roma non solo iniziato, ma anche molto avanzato. Garibaldi aveva percorse le provincie dell'Italia centrale, salutato ovunque dal grido “O Roma o morte”, aveva accolti gl'inviti dei comitati rivoluzionari, rivolgendo vivissimi incitamenti, e, ciò che più importa, aveva distribuiti gli uffici ai suoi luogotenenti, e assegnati loro i posti. Già le prime avvisaglie erano scoppiate sui confini. Io mi preparavo quindi a recarmi laggiù, obbedendo al mio fato, quando fu bandito il Congresso internazionale della pace, al quale Garibaldi, pregato, accettò d'intervenire. Spinto allora dal desiderio d'incontrarmi con lui, e di conoscerne le intenzioni, assai più ancora che da quello di ascoltare le dissertazioni de' congressisti sui problemi umanitari, andai a Ginevra in compagnia di Giuseppe Missori, e di Gustavo Viola.
Giuseppe Missori appartiene alla storia, e di lui non dico nulla. Gustavo Viola, di opinioni moderate, era legato a me di affetto vivissimo sin da quando, insieme con Giulio Vigoni, Norberto Del Mayno, Rinaldo Taverna, Luchino Dal Verme, Alfonso Visconti Alari, Diego Melzi, i fratelli Scala, i Caccianino, Alberto Corbetta, Cesare Giannotti, Angelo Rasini, Pietro Morelli di Popolo, soprannominato sin d'allora beccassin, Centurione, e tanti altri nostri coetanei, portavamo le spalline nei reggimenti delle guardie. Egli è lo stesso Viola, che nel gennaio del 1857, giovane di ventidue anni, sfidò l'ufficiale austriaco Waltzel in seguito a un diverbio nel teatro alla Scala, e fu ferito in quel duello, rimasto celebre nei ricordi patriottici di quel tempo. |