Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Cucchi non esitava dinanzi a qualunque rischio per raccogliere una informazione, per raggiungere un intento. Penetrò perfino in castel Sant'Angelo, insieme con Giovannino Cairoli, mercè il favore di un veterinario militare, che era di casa in piazza di Ponte. Questi mise Cucchi e Cairoli in relazione con quattro sergenti di artiglieria, due dei quali cedettero le uniformi, mentre gli altri due li introdussero e li guidarono per i meandri della mole Adriana. Giovannino pigliò appunti topografici; Cucchi notò sopratutto la immensa provvista di polvere, che lo indusse a dissuadere i romani dal proposito di dar fuoco alla polveriera, il cui scoppio avrebbe schiantato buona parte della città.
     Con la guarnigione di castel Sant'Angelo il Cucchi mantenne poi frequenti rapporti, e però seppe sempre quanto si macchinava lì dentro: come, del resto, egli seppe sempre dagli amici e dai parenti degli ufficiali, degli impiegati o dei prelati, quanto avveniva o si deliberava in Vaticano, in Montecitorio, nel ministero della guerra.

     Durante quella sua esistenza randagia, specialmente dopo il 22, Cucchi venne più volte pedinato, fermato, interrogato; ma sempre se la cavò mediante la sua meravigliosa presenza di spirito. Cambiava ogni giorno di abiti e di cappello, aveva financo fatto sagrifizio del noto e lungo suo pizzo: ma non egli poteva velare il lampo de' suoi occhi penetranti, né correggere la malizia del suo beffardo sorriso!
     Una sera, in via della Frezza, arrestato da una pattuglia, e richiesto dei ricapiti: “io sono il cavalier Giulio Belinzaghi, banchiere di Milano; favoriscano meco in vettura, e all'albergo della Minerva mostrerò loro le mie carte”, rispose con la flemma usata. La fisonomia di un passante gli aveva lì lì suggerito quel nome; alla Minerva, già s'intende, avrebbe poi saputo bene scovare uno stratagemma per mettersi in salvo, anche a rischio, magari, di saltare dalla finestra. Ma quella sera la polizia fu paga delle sue arrischiate affermazioni.


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Umberto