Giulio Adamoli
DA S. MARTINO A MENTANA
(Ricordi di un volontario garibaldino)


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     Il Cadolini, il quale aveva stanza all'albergo Cesari, nelle ore di ozio, che io passai con lui, mi narrò di aver assistito a una seduta plenaria della giunta, nella cui sede fu condotto con ogni sorta di precauzioni, e cui espose lo scopo della sua missione. Aggiunse di essere rimasto non poco scoraggiato udendo, che di sicure e pronte non si possedevano in tutto che un migliaio di alabarde e alcune bombe; di aver quindi espresso franco il suo parere, che non era possibile tentar la rivoluzione, e di aver severamente criticato, tacciandola d'improntitudine, l'agitazione prematura, la quale mettendo in su l'avviso il governo papale, rendeva arduo oramai procacciarsi le armi indispensabili. Così discorrendo, egli aveva finito per bisticciarsi con i componenti la giunta; e quando io arrivai in Roma, egli era incerto su la risoluzione da prendere.

     Ma di lì a poco la polizia sciolse il nodo, invitandolo a sfrattar subito dal territorio di San Pietro. Egli si recò allora alla Spezia, donde ritirò e menò a Terni sessanta mila cartucce, concessegli dal Ministero della guerra, le quali furon poi tirate in ballo, come prova evidente di connivenza con i rivoluzionari, dagli oppositori del Rattazzi, durante i dibattimenti parlamentari che tennero dietro alla campagna dell'Agro romano.
     Al giudizio chiaro e ponderato, ma decisamente pessimista, del Cadolini, faceva spiccato contrasto l'ottimismo ideale di Enrico e di Giovannino Cairoli, che abitavano al Corso, n. 117, di faccia a San Carlo dei Lombardi, in casa del signor Batti, ispettore della compagnia di assicurazione di Venezia. Anch'essi percorrevano la città, in attesa degli avvenimenti, da semplici forestieri; e quando io li incontravo, ed essi mi esprimevano, con la gaia spigliatezza di giovani ai quali erano ignote le ansie del dubbio, e il timore, la fiducia nella riescita della impresa, a me si rinfrancava sinceramente il cuore. Strinsi loro la mano, l'ultima volta, su la gradinata di San Giovanni Laterano, loro chiedendo imbasciate per Benedetto, che avrei riveduto l'indomani a Firenze. E me le diedero ma non le potei ricambiare! Eroi di quello stampo assai di rado compaiono su la terra; e l'ultimo saluto di Enrico io lo serbo riposto nel cuore, come la cosa più cara che io m'abbia.


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Umberto